Mi è piaciuta molto questa tua puntata sul l'invidia e sul preferire essere invidiati che compatiti. In effetti per molti è così. Io invece ho sempre avuto terrore dell' invidia altrui, perché l'ho sempre vista e vissuta come subdola e rischiosa (paura di vedermi portare via quello che finalmente ho conquistato). Ma la cosa più interessante è stata il concetto di genio. Il genio, che spesso è una persona incredibilmente dorata in un settore specifico è il canale delle nostre proiezioni: lo adoro perché vorrei essere lui.
Due riflessioni:
1) il maschile non è un caso. Avete mai sentito parlare di una genia? Io no.
2) Le grandi opere della storia spesso sono frutto di un lungo, complesso lavoro collettivo (le piramidi, le chiese gotiche, ad es., l'odissea tradotta nelle varie lingue, un altro esempio). Ma il genio è sempre uno, unico, vive di sé stesso senza aiuto alcuno. O così vogliamo vederlo.
Ciao El, grazie per quello che hai scritto perché hai toccato un sacco di punti necessari. Non sei la prima persona a dirmi che teme di essere vittima di invidia proprio per il carico malevolo che questo sentimento si porta dietro: il concetto di “malocchio” ha proprio a che fare con questo - dentro l’invidia ci sta il guardare male, il desiderare male attraverso lo sguardo. Sul punto 1), assolutamente sì: il maschile non è stato casuale in questo contesto. Tra l’altro, ho appena realizzato che Elena Ferrante se n’è riappropriata sotto la forma di “geniale”. Sul punto 2), assolutissimamente sì: è un concetto che avevo accennato nella penultima Invidiosa, dove ho parlato di quanto è ignorato il valore collettivo del lavoro e di quanto “il genio” sia - per forza di cose - un frutto del suo tempo. Che poi, chissà quante persone sono state Omero.
Bellissima puntata, adesso avrò bisogno di qualche giorno per rifletterci su.
Grazie V., di cuore. Io ci sto ancora pensando, considerando gli ultimissimi sviluppi di Musk e della retorica del “rosicate” 🙃
Mi è piaciuta molto questa tua puntata sul l'invidia e sul preferire essere invidiati che compatiti. In effetti per molti è così. Io invece ho sempre avuto terrore dell' invidia altrui, perché l'ho sempre vista e vissuta come subdola e rischiosa (paura di vedermi portare via quello che finalmente ho conquistato). Ma la cosa più interessante è stata il concetto di genio. Il genio, che spesso è una persona incredibilmente dorata in un settore specifico è il canale delle nostre proiezioni: lo adoro perché vorrei essere lui.
Due riflessioni:
1) il maschile non è un caso. Avete mai sentito parlare di una genia? Io no.
2) Le grandi opere della storia spesso sono frutto di un lungo, complesso lavoro collettivo (le piramidi, le chiese gotiche, ad es., l'odissea tradotta nelle varie lingue, un altro esempio). Ma il genio è sempre uno, unico, vive di sé stesso senza aiuto alcuno. O così vogliamo vederlo.
Ciao El, grazie per quello che hai scritto perché hai toccato un sacco di punti necessari. Non sei la prima persona a dirmi che teme di essere vittima di invidia proprio per il carico malevolo che questo sentimento si porta dietro: il concetto di “malocchio” ha proprio a che fare con questo - dentro l’invidia ci sta il guardare male, il desiderare male attraverso lo sguardo. Sul punto 1), assolutamente sì: il maschile non è stato casuale in questo contesto. Tra l’altro, ho appena realizzato che Elena Ferrante se n’è riappropriata sotto la forma di “geniale”. Sul punto 2), assolutissimamente sì: è un concetto che avevo accennato nella penultima Invidiosa, dove ho parlato di quanto è ignorato il valore collettivo del lavoro e di quanto “il genio” sia - per forza di cose - un frutto del suo tempo. Che poi, chissà quante persone sono state Omero.