Questo è il nuovo episodio di Invidiosa, la newsletter sulle cose che fanno gli altri mentre io sto a guardare 👋
Da quando ho iniziato a scrivere questa newsletter l’invidia non è migliorata tantissimo, ma ho iniziato a notare una cosa: l’esclusione è quasi sempre l’interruttore che la fa scattare. Riempio gli spazi che non posso raggiungere con il risentimento per chi ce l’ha fatta e quel momento se l’è preso tutto. Mi basta la sensazione di assenza per invidiare - in modo molto democratico, non risparmio nulla - chi, invece, c’era. Questa cosa vale anche, e più spesso di quanto io voglia ammettere, nelle mie relazioni. Non parlo spesso di coppie e amore (checché ne dicano certe recensioni allucinanti su romance e donne che scrivono) un po’ per sana privacy, un po’ perché credo ci sia gente molto più talentuosa di me che lo fa già. Riflettendo sulla mancanza, però, mi sono accorta di aver sottovalutato una cosa che fino a oggi ho chiamato “insicurezza”: invidio il passato dei miei partner.
È così dalla mia prima storia seria: il mio ragazzo aveva tre anni in più di me, che nel mondo di un’adolescente sono praticamente un decennio. Tutta la sua vita “prima” di me - il liceo, per essere precisi - sembrava essere stata piena di momenti imprescindibili mentre io arrivavo in un presente che, per tutta una serie di motivi, non era paragonabile. In compenso, la sensazione di essermi persa qualcosa di fondamentale non è passata nemmeno con i coetanei. Insomma, dopo un po’ mi è stato chiaro che ci sarebbe sempre stato un prima di cui non ho fatto parte, fondante e formativo per la persona con cui sto. In quel bagaglio io non ho nessun ruolo, posso fruirne solo come spettatrice. E sulla carta non c’è niente di male: buona parte del nostro intrattenimento è basato sul guardare le vite degli altri, social compresi. Però partendo dai social forse riesco a capire perché guardare e basta non è sufficiente. Queste piattaforme sono costruite, in teoria, per funzionare con i contenuti di chi le utilizza: danno quindi l’idea che contribuire non solo sia semplice, ma anche un po’ una responsabilità. Il rischio che corrono le persone che scelgono di raccontarsi poco online, quindi, è di percepire la loro vita come meno piena (ne avevo parlato un po’ meglio in questa vecchia Invidiosa). Una cosa simile, almeno per me, accade con i passati a cui non posso accedere: sono lì, ne capisco i codici e spero di costruire altrettanti ricordi con la persona con cui sto, ma l’idea che io non possa più dare nessun contributo a quella storia lì mi crea un cortocircuito. È una forma di FOMO, cioè la paura, prettamente social, che qualcuno stia facendo qualcosa più interessante di quello che stiamo facendo noi. Nel mio caso la paura è che il passato della persona con cui sto possa essere molto più interessante del futuro insieme. Credo che questa ansia nasca da due punti molto precisi.
Intanto, la nostalgia ci frega sempre. Al netto di un equilibrio nel presente o di momenti di sofferenza nel passato, il ricordo è anche una nostra rielaborazione parziale di cose che abbiamo vissuto. La capacità di creare memorie fittizie la raccontano benissimo podcast come Veleno di Pablo Trincia o Polvere di Cecilia Sala e Chiara Lalli, indagini su due casi italiani che hanno fatto del ricordo di molte e molti testimoni il perno stesso delle condanne. Un’altra spiegazione molto chiara l’ha data Valentina Merzi nella newsletter di qualche giorno fa. Purtroppo non ho trovato studi che aiutino a capire cosa succede ai ricordi dopo la fine di una relazione (ma se conosci qualcosa, scrivilo pure nei commenti!), quindi proverò a concentarmi sull’idea che abbiamo di noi stessi nel passato in generale. Anche davanti al più lucido dei progressi, ci sarà sempre una parte di noi di cui avremo nostalgia, vuoi per la gioventù, vuoi per una certa sensazione di libertà, vuoi perché nel presente qualcosa non ci torna. Sarà inevitabile portare questo ricordo rielaborato di noi al nuovo o alla nuova partner, che a sua volta ci ascolterà e penserà “potrà mai essere di nuovo così felice con me?”
Accanto a questo, non riesco a evitare di confrontarmi con chi c’è stata prima di me. È irrazionale, masochista e nido comodo per pensieri ossessivi. E non importa se la rottura sia stata pacifica, burrascosa o semplicemente indifferente: io vedo davanti a me uno schieramento di donne incredibili. Tutte brillanti, tutte affascinanti, tutte degne dell’amore che io - soprattutto all’inizio di una relazione - vorrei ricevere dalla stessa persona che le ha amate. Non ha senso, lo so: se quelle relazioni sono finite, un motivo c’è. Ma come faccio a scacciare il dubbio che in me si cercherà un po’ dell’altra? E cosa ne so io poi, della versione di lei? Affido alle persone che non posso conoscere tutto quello che penso a me manchi.
Qualche sera fa ho visto per la prima volta Rebecca - la prima moglie di Hitchcock, il film tratto dal libro di Daphne Du Maurier. La protagonista, una dama di compagnia di cui non conosceremo mai il nome, incontra il bellissimo vedovo Maxime De Winter a Montecarlo, salvandolo da un tentativo di suicidio. Dopo qualche settimana lui le chiede di sposarlo e di trasferirsi a Manderley - la dimora di lui - come la nuova signora De Winter. Lì la protagonista si scontrerà con il fantasma di Rebecca, la prima moglie, il cui ricordo è continuamente alimentato dall’algida signora Denvers (la governante). Il giudizio su Rebecca è unanime: bella in un modo quasi soprannaturale, sofisticata, colta, influente, indipendente e, soprattutto, innamoratissima e adorata da Maxime. Affrontare questo confronto è, per la nuova signora de Winter, una tortura. Per quanto l’amore tra lei e Maxime sia costruito su delle basi che oggi mettono a dura prova la nostra sospensione dell’incredulità - e Maxime è l’uomo da cui stare alla larga per eccellenza - la nuova signora de Winter è totalmente devota a lui. L’idea che De Winter si stia accontentando, che lei non potrà mai farlo felice quanto Rebecca e che lui non potrà mai amarla quanto amava la prima moglie (essere anche solo ricambiate, evidentemente, non è sufficiente) rischia di portarla a decisioni estreme. La storia poi va in una direzione molto precisa, ma la costruzione di Rebecca è magistrale: ogni singolo dettaglio è costruito per far sentire la nuova signora de Winter minuscola, sopraffatta. Ma qui non è la testa della signora de Winter a costruire castelli che non esistono. Rebecca è un personaggio straordinario per il peso della sua assenza.
Ora, il libro e il film (pare fosse piuttosto fedele) trovano una soluzione molto drastica per gestire l’invidia dell’ex, ma io posso giocare con la trama fino a un certo punto. Perché questa grande macchia di insicurezza verso il passato non se ne va mai davvero. A volte è più sottile e a volte morde di nuovo. Ma che senso ha fidarsi di un partner se poi si passa il tempo a smontare, confutare o iperazionalizzare i motivi per cui sta con me? Anche solo l’idea di dover andare a cercare delle ragioni mi sembra la difesa a un’accusa che nessuno ha fatto. E forse certe cose è giusto dirle ad alta voce: la pretesa di occupare il passato di un’altra persona è un comportamento violento. C’è qualcosa di possessivo e inquitante nel non riuscire a lasciare libero uno spazio così privato e necessariamente altro, e me ne rendo conto con chiarezza solo adesso che lo scrivo.
Vorrei saper lasciare andare. Capire come intercettare quella mancanza che fa scattare l’insicurezza, che fa scattare l’invidia, che fa scattare una versione di me che non mi piace affatto.
Smontare il tabù: quattro chiacchiere con Alessia Carlozzo
In questa sezione parlo di invidia con una persona diversa ogni due settimane. Se vuoi dire qualcosa, hai in mente un tema o vuoi raccontare la tua versione dei fatti, scrivimi. Smontiamo insieme questo tabù.
è giornalista pubblicista e PR Manager per un'agenzia di comunicazione & marketing globale per la quale si occupa di campagne creative, media relations, digital PR ed eventi. Per la stessa cura il podcast Una Cosa Al Volo dove, con un ospite sempre diverso, affronta temi legati alla comunicazione e all'attualità. Da quattro anni scrive It's Friday I'm (not) in love, una newsletter dedicata ai trentenni (e non solo) precari sentimentali, in attesa della grande svolta: scrivere la posta del cuore per una grande testata.
Nella tua newsletter “It’s Friday I’m (not) in love” racconti le tue riflessioni sulle relazioni e l’amore dei cuori precari. Ti è mai capitato, in una relazione, di invidiare il passato del tuo partner?
Credo sia necessario partire da un presupposto centrale: non ho mai avuto una relazione così lunga e solida in cui ci sia stato il tempo per la cosiddetta invidia retroattiva (o forse gelosia? I contorni sono piuttosto sfumati in questo caso) di insinuarsi. Come racconto spesso anche in It's Friday I'm (not) in love, ho sempre avuto frequentazioni che non sono mai davvero decollate, dove è mancata la voglia di darsi una chance. Nel tempo però sono stata fortemente invidiosa nei confronti del nuovo presente o del futuro prossimo delle mie ex situationship, ovvero delle persone al loro fianco. Ritrovandomi così preda di quella domanda tossica: "Cosa ha lei più di me?"
In ogni caso, che sia passato o futuro, l'invidia credo abbia in entrambi i casi la stessa radice: una profonda insicurezza che tutti quanti noi coviamo e che ci porta sempre a sminuirci e a non sentirci mai abbastanza rispetto a chi ci circonda. Inoltre, il metterci costantemente a paragone con gli altri è un perfetto esempio non solo delle nostre fragilità ma anche, forse, di un tentativo inconscio e maldestro di autosabotare i nostri rapporti. In fondo, è più facile invidiare l'altra persona, quella che è arrivata dopo di noi o che c'è stata in passato, tenendo fisso il nostro sguardo su di lei, piuttosto che spostarlo allo specchio per osservarci con onestà e lavorare su noi stessi. Questo perché si tratta anche di un percorso che implica fatica e sforzo e non sempre siamo in una fase in cui siamo pronti a intraprenderlo.
C’è un legame, secondo te, tra invidia e gelosia quando in una relazione arriva una terza persona (reale o fantasma che sia)?
Personalmente le vivo come due emozioni profondamente diverse, perché diverso è il soggetto che le fa scaturire. Nella vita si può essere invidiosi di altre persone o di singoli aspetti delle loro vite, pur non provando per le stesse un sentimento che sia di amore, amicizia o passione. Al contrario la gelosia, per me, è sempre legata a doppio filo a un profondo sentimento che nutro verso quella persona e che mi porta, di rimando, a essere gelosa quando si presenta un terzo elemento che altera la nostra dinamica di coppia. Aggiungo poi che l'invidia la vedo come un sentimento del presente, del qui e ora, perché si è generalmente invidiosi per una mancanza che avvertiamo nella nostra vita in un dato momento. La gelosia, invece, trascende qualunque linea spazio-temporale, perché la si può continuare a provare a prescindere dall'evoluzione del rapporto che ci lega alla persona in questione: che sia un'ex fiamma, il nostro attuale partner o una terza persona. Insomma, la gelosia può continuare a vivere sottopelle anche a distanza di anni, oscillando tra passato e futuro senza invecchiare mai ed è anche il motivo per quale, spesso, ci risulta così irrazionale. Riaffiora quando meno ce l'aspettiamo e non ha scopo alcuno se non quello di farci sentire, a volte, così profondamente inadeguati restando indifesi dai suoi stessi effetti nocivi sulle nostre relazioni.
Domanda inevitabile per una newsletter come questa: c’è qualcosa che invidi? Può essere una persona, un progetto, uno stato d’animo, scegli tu!
Sarà una risposta scontata ma invidio le persone che sanno scendere a compromessi con sé stesse riuscendo così a plasmare una felicità più concreta, più semplice da agguantare, più facile da accettare. Questo perché, spesso, tendiamo a proiettare la felicità come un concetto infinito, uno stato d'animo perennemente proiettato al futuro, dimenticandoci però che si può e si deve essere felici nel presente. Ci sono persone che riescono a incastrare i pezzi del puzzle della propria vita con grande maestria, quasi con il minimo sforzo. Sono quelle che procedono il proprio viaggio personale su di una linea retta, raggiungendo tutte le tappe convenzionali che la società vorrebbe continuare ad imporci. Come mi ha detto un'amica recentemente "tu ami la fatica", ecco invidio chi invece riesce a ottenere quello che desidera con un sforzo misurato, giusto e mai eccessivo. Perché questo comporta anche il sapersi prendere cura di sé stessi e delle proprie emozioni, il che non è sempre per facile.
E poi, in fondo, invidio chi non si lascia mai frenare o scoraggiare dalle proprie esperienze passate, chi si butta malgrado tutto e chi ci crede come se fosse la prima volta. Un misto tra leggerezza, caparbietà e curiosità che ti aiuta a non restare immobile. Del resto, come mi disse un altro vecchio amico anni fa, "la vita non è una sala d'attesa" ma ammetto di dimenticarlo quasi sempre.
Tutta Invidia - A proposito di doppio
Che newsletter sull’invidia sarebbe, senza qualcosa che mi ha fatto rosicare?
Ho visto Challengers anche io. Ed è divertente, sul serio: c’è molto più tennis di quanto pensassi - quello di chi lo fa davvero per lavoro -, ci sono dei personaggi complessi al punto giusto e un finale che mi ha fatta ritrovare con il sedere “sul pizzo” della sedia (ringraziamo anche la colonna sonora per questo). Ma devo essere onesta: la cosa più divertente dal film è stato sentire profondamente mia la recensione di Giulia Pilotti. Citerò giusto la parte che ha colpito il cuore di questa piccola persona invidiosa che non sono altro:
Sono settimane infatti che il mio feed di Instagram è dominato dal girovita bidimensionale di Zendaya e dalla luce che costei emana, e la sua onnipresenza mi costringe ad affrontare domande esistenziali quali: se lei è una donna, io cosa sono? Mi si può archiviare come mostro marino? E se il suo è un punto vita, è forse un tronco d’albero quello che connette il torso alle mie gambe? E così via, in un fantastico viaggio nell’autostima femminile.
Si sono sentiti così anche gli uomini davanti alla faccia da canaglia e il fisico da doriforo di Josh O’Connor? Spero che Giulia Pilotti decida di indagare, lo spero tantissimo.
Angela
P. S. Ringrazio Giovanni Nava per le illustrazioni e tutte le cose belle di Invidiosa.
© 2024 Angela Cannavò.
Le illustrazioni della newsletter sono di Giovanni Nava.
Se vuoi leggere i vecchi numeri di Invidiosa, trovi tutto in questa pagina.
Grazie aver dedicato un po’ di tempo a me e a questa newsletter. E visto che sei qui, abbiamo qualcosa da invidiarci?
Fammelo sapere con un cuore, un commento o parlando di questa newsletter con chi ti va.
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c’è un film molto significativo che si jntitola “se minlasci ti cancello”
Che puntata bomba!