Invidiosa si prende una pausa da luglio a settembre: un po’ perché sarò in giro, un po’ perché ho bisogno di ricaricarmi e capire come - e se - cambiare qualcosa da queste parti.
Nel frattempo, darò una rispolverata a vecchi episodi scritti prima di arrivare su Subastack e che la maggior parte di voi non ha letto.
Non ci saranno interviste o progetti da segnalare, solo un po’ di riflessioni fatte durante il primo anno di vita di questa newsletter.
L’episodio di oggi è uscito il 22 ottobre 2023 e parla dell’effetto che i social hanno sull’invidia, fenomeno che - almeno per me - d’estate cresce al 300%.
Aggiungo una cosa che ho imparato bene nell’ultimo anno, e che cerco di esercitare con cognizione di causa ogni volta che i social mi fanno sentire invidiosa o a disagio: smettere di seguire, proteggermi dai contenuti che mi fanno male senza scappare dalla complessità. Rivendicare il mio orticello social, coltivarlo senza pesticidi ma ricordandomi di togliere l’erbaccia quando serve.
Buona lettura!
Ohilà, tutto bene? 👋 Io sono Angela, questa è e oggi parliamo di masochismi digitali.
Per capirci, io ho una perversione. È una di quelle cose semplici che ti fanno perdere una marea di tempo, ti avvelenano la giornata e per ricambiare ti danno una ridicola scarica di serotonina. Il mio tormento si chiama “Visualizza i commenti”. Passo più tempo a leggere cosa si dice a proposito di qualcosa che a godermi un’immagine, un articolo o un video. La mia pancia vuole l’arena, lo scontro e forse anche un po’ di rabbia. Com’è giusto che sia, cerco anche una conferma della mia opinione. Quando la trovo, però, la soddisfazione dura qualche minuto. È più probabile, infatti, che una sessione di spulciamento commenti mi lasci nauseata e depressa. Nonostante questo, ci ricasco con tutte le scarpe: anzi, ogni tanto scelgo di rispondere pure. È più forte di me, sento l’impulso di fare qualcosa – qualsiasi cosa – pur di contrastare il senso di impotenza.
E rispondere è almeno un’azione. Non risolve nulla, è una perdita di tempo e certi soggetti farebbero prudere le mani a Bambi, ma è comunque un gesto. L’altra mia perversione, infatti, è continuare a seguire gente che mi fa stare male. Non parlo di profili che mi infastidiscono, perché con quelli faccio di peggio: non li seguo e ogni tanto vado a guardarli per arrabbiarmi, per puro masochismo. No, mi riferisco a quegli account che picchiano la mia autostima ogni volta che becco un nuovo progetto, un nuovo viaggio o un nuovo qualcosa. Queste persone sono lì a fare, e io sto dietro uno schermo a guardarle fare. A Instagram – così come a TikTok – va benissimo così, perché non vuole che io mi sganci: mi dà piccole soddisfazioni chimiche – banalmente, il refresh è simile a una piccola slot machine – e mi fa sentire nel “cerchio sociale” di chi seguo. Mi tiene aggiornata sulle tendenze e mi permette di fare parte di quell’inner circle che altrimenti non saprei raggiungere. Essere al passo di vite “invidiabili” mi aiuta a rimanere all’altezza delle mie aspettative senza il rischio di espormi nel mondo reale. È comodo ed è sempre a portata di mano. Ma soprattutto: riduce al minimo lo sforzo. Tanto tutto quello che devo fare è scrollare e, al massimo, leggere.
Ma allora perché tutta questa insofferenza? Facciamo un piccolo passo indietro: il marketing prende in prestito dall’informatica due termini per capire da dove arrivano le informazioni. Le comunicazioni sono top-down – cioè dall’alto verso il basso – se partono da un piccolo gruppo di persone e arrivano alla “massa” ordinate secondo certi format. Se invece le informazioni arrivano dalla massa, chiunque può contribuire e le fonti sono scollegate tra loro, parliamo di comunicazioni bottom-up. Anche i media si possono dividere in queste due categorie: la tv, la radio o la stampa sono media top-down, mentre i social – o proprio Internet – sono piattaforme bottom-up. Per come gestisco io Instagram, però, un medium bottom-up è diventato top-down: Instagram, Facebook e TikTok sono una televisione con un palinsesto più ampio. Il problema, però, è che a differenza di una tv io qui potrei intervenire. Ecco dove sta lo strappo, il potenziale sprecato.
Quindi, che si fa? Ci si deve disintossicare? Magari eliminando i social o mettendo un timer che me li chiude automaticamente se ci sto su più di X minuti? Può funzionare eh, ma credo che sia più utile fare un po’ di wrestling con l’impulso di stare online in modo passivo. A pensarci bene, Invidiosa è un tentativo in questa direzione. Non posso dire che sia la risposta giusta per chiunque, ma è una risposta.
Angela
P. S. Queste illustrazioni belle le ha fatte Giovanni Nava, che non ringrazierò mai abbastanza. Lo trovate sempre qui.
© 2024 Angela Cannavò.
Le illustrazioni della newsletter sono di Giovanni Nava.
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