Questo è l’ultimo episodio estivo di Invidiosa. Da settembre si ricomincia: ho come la sensazione di aver perso alcune occasioni di discussione, ma sono sempre più convinta che certe riflessioni vadano servite fredde.
Proprio per questo sono felice di recuperare un pezzo che funziona bene anche oggi, un piccolo manuale per costruire la perfetta teoria del complotto.
E se te lo stai chiedendo: sì, parte tutto dall’invidia.
Buona lettura, e a presto con temi nuovi e nuove interviste!
Ohilà 😊 Questa settimana parleremo di un tipo di invidia che attraversa i secoli per arrivare fino a noi su dollari, dischi e teorie del complotto.
Ora, dò per scontato che tu sappia cos’è una teoria del complotto. Gli ultimi anni – tra pandemie, vaccini e guerre – hanno reso abbastanza impossibile scansarne una. Non è solo una questione di probabilità (più usiamo i social, più ne incroceremo), ma anche un’abitudine cognitiva che possiamo chiamare “bias di conferma”: la narrazione che più conferma la nostra visione del mondo è sicuramente quella più corretta.
Personalmente, ho sempre provato una forte attrazione-repulsione nei confronti delle teorie del complotto, un po’ come mi succede con gli horror: mi interessa la trama del film, ma non potrei mai vederlo per intero (ti dico solo che leggo le trame su Wikipedia, tanto mi intrigano). Allo stesso modo delle teorie del complotto voglio conoscere ogni dettaglio, così posso guardarle meglio da lontano. Voglio smontarle pezzo per pezzo, capire qual è il fondo di verità – o di sospetto – che le ha fatte nascere e poi esplodere.
Ne conosco tante, ne ho approfondite alcune e mi inquietano/attirano tutte allo stesso modo. Per questo non ho fatto molta resistenza quando ho scoperto “Non ce lo dicono 1!!”, un podcast di RaiPlay Sound.
Un avvertimento: probabilmente non griderai al miracolo. Il podcast si fa ascoltare, è preciso e racconta un sacco di fatti. Ogni tanto cede a una fastidiosa ironia boomer, ma il lavoro di ricerca è impeccabile. E la prima bomba arriva subito, a metà dell’episodio 1: gli Illuminati, arrivati a noi tra Dan Brown, improperi di Beyoncé e i biglietti da un dollaro, sono frutto di becera invidia.
Tutto inizia quando Hieronim Zahorowski (l’ho trovato solo su Wikipedia Polonia, porta pazienza) viene bocciato all’esame del quarto anno di teologia nel 1612: questo gli impedirà di unirsi all’ordine dei gesuiti, cosa per cui aveva studiato – e pagato – fino a quel momento. Un dramma. Ora, ai tempi i gesuiti erano uno degli ordini più potenti della Chiesa Cattolica: farne parte voleva dire avere influenze politiche, denaro e un’ottima posizione sociale. Una situazione invidiabile, per capirci. Per questo Zahorowski, quando viene rifiutato, risponde con la vendetta: se non potrò essere uno di loro, nessuno potrà.
Così scrive i “Monita Secreta”, un libro pensato apposta per screditali, dove svela il complotto dei gesuiti per conquistare il mondo. Chi scrive, infatti, dichiara di essere un gesuita stanco di queste trame e di voler fare luce sulle malefatte dell’ordine. Trattandosi di una confessione di prima mano (ed essendo il 1600), chiunque la legga non può pensare che si tratti di un falso e il libro continua a circolare. Raggiunge un tale “fuoco” di consenso globale da far sopprimere la compagnia di Gesù nel 1774. Il complotto, però, sopravvive ai gesuiti stessi tanto che un ex gesuita, che aveva ciecamente creduto nei Monita, decide di creare una contro-setta, cioè gli Illuminati.
Ora, ecco gli elementi imprescindibili per una buona teoria del complotto. Deve esserci una verità sotterranea sconosciuta ai più, un continuo e costante lavaggio del cervello verso persone inconsapevoli e innocenti, una lotta tra gruppi di potere – di solito sono pochi privilegiati contro il popolo. C’è quindi un contrasto tra chi può – l’élite – e chi non può – percepito come la stragrande maggioranza delle persone. Il punto è che non si tratta di un’effettiva maggioranza, ma di un’altra minoranza che cura i veri interessi della “gente”. Questo gruppo di persone “consapevoli” è l’ultimo baluardo contro la minoranza elitaria che pretende di imporre una certa visione del mondo attraverso i media, il gender o qualsiasi altro mezzo “di sistema”.
L’invidia del potere diventa un po’ il senso stesso del complotto. Anche se c’è democrazia nei processi decisionali, anche se c’è un dibattito vivo, anche se i processi sono trasparenti, dover accettare che certe cose siano al di fuori del nostro controllo è frustrante. Individuare dei poteri forti aiuta a proiettare l’invidia su un’entità concreta: sapere che il resto del mondo è stato “indottrinato” non fa sentire chi complotta speciale e singolare, ma conferma che “le élite” hanno ottenuto il potere senza meritarselo. Di fatto, quel potere (o successo, o felicità) non è più legittimo. È un processo “naturale”, ma annulla ogni tipo di dialogo o messa in discussione. Deresponsabilizza e nutre una parte del nostro ego che, a volte, viene trattata come un’oca all’ingrasso.
Insomma, facciamo attenzione a cosa decidiamo di invidiare: potremmo creare il prossimo Nuovo Ordine Mondiale.
P.S. queste illustrazioni belle le ha fatte Giovanni Nava, che non ringrazierò mai abbastanza. Lo trovate sempre qui.
© 2024 Angela Cannavò.
Le illustrazioni della newsletter sono di Giovanni Nava.
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