Invidiosa #13 - Occhio malocchio
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Qualche settimana fa un mio amico mi ha raccontato di aver sentito, forte come non gli capitava da un po’, di essere invidiato. Non era un’invidia malevola, ma una naturale risposta a una cosa incredibile che gli sarebbe successa di lì a poco. Lui, infatti, non si sentiva sotto attacco; piuttosto, provava un grande senso di vergogna per la posizione in cui si trovava. Come se non la meritasse. Ora, non voglio assolutamente imbarcarmi in una discussione sul merito. Quella conversazione, però, mi ha fatto pensare che su questi schermi non ho mai provato a vedere cosa succede di là, dalla parte di chi l’invidia la subisce. È anche normale, a pensarci: visto che l’invidiosa sono io, finisco per parlare di quello che conosco. So come mi sento, che tipo di desideri ho e in che modo mi giustifico. Do per scontato, addirittura, che chi si becca la mia invidia non lo sappia nemmeno. E invece, un po’ di malocchio lo spargo sempre.
La parola invidiare arriva dal latino in-videre, cioè guardar male. Si pensava, infatti, che invidiare qualcuno e guardare con odio ai suoi successi fosse sufficiente per lanciare una non meglio precisata maledizione, cioè il malocchio. Nella tradizione, chi subisce il malocchio sente nausea, giramenti di testa o un grande spossamento. L’attacco non cerca di intervenire sul motivo dell’invidia, ma è proprio un attacco personale. Si arriva a un punto di superstizione tale per cui, in alcune regioni del Mediterraneo, i complimenti devono essere seguiti da un molto pragmatico “che Dio ti benedica”, in caso tu voglia evitare di gettare involontariamente il malocchio su qualcuno.
I danni, tornando ai giorni nostri, non sono certo fisici. Chi si sente addosso gli occhi dell’invidia può provare un grande senso di solitudine e di sfiducia. Se dovessero scegliere tra il supporto di un gruppo di pari o essere invidiate, molte persone preferirebbero ridimensionare i loro successi – o quello che dà loro felicità – pur di non essere messe su un piedistallo e isolate da quello stesso gruppo. Oppure, molte persone mettono in discussione il motivo per cui vengono invidiate: quando subentra la sindrome dell’impostore è più facile indicare il caso, la fortuna e una serie di combinazioni felici come i responsabili per quel successo; chi ci invidia ha solo avuto più sfortuna di noi. Così il diritto alla felicità si assottiglia, e il senso di solitudine e ingiustizia aumenta.
Ma la natura umana è perversa. Se è vero che vogliamo fare parte di un gruppo, l’invidia è anche un metro per giudicare i nostri successi. Vogliamo il piedistallo, la distanza – anche economica – da chi reputiamo inferiore. Questo fortissimo bisogno di risultati e competitività è alimentato non solo dai social, ma anche da tonnellate di letteratura e cinema. La narrativa imperante è che il successo è nel nostro destino, e così passiamo la vita a cercare di comportarci come protagonisti e protagoniste di una narrazione. E più successo otteniamo, a dispetto dall’invidia che generiamo, più successo vogliamo ottenere. Sembra quasi che il bisogno di essere invidiati si sostituisca all’autostima.
Insomma, invidiare non fa male solo a chi invidia. È un “peccato” più reciproco di quanto sembri. Allo stesso tempo, credo che invidiare sia inevitabile. È un sentimento che esiste dalla notte dei tempi, e non stiamo certo puntando alla santità in vita da queste parti. Che ci piaccia no, quindi, con l’invidia ci dobbiamo convivere: meglio avere gli strumenti giusti per farlo.
Tutta invidia
Cose che avrei voluto fare, pensare, scrivere e vivere io. E che, per fortuna, ha fatto qualcun altro.
Il malpensante, Gesualdo Bufalino - Professionista del mal di pancia
Tutto questo parlare di malocchio mi ha fatto pensare a un libro che avrei voluto scrivere, se solo avessi la genialità di Bufalino. Se vuoi invidiare bene, infatti, devi prendere in mano “Il malpensante”. Solo una persona che ha passato 61 anni della sua vita per farsi scoprire scrittore può custodire un risentimento così puro, così totale. Certo, quella di vivere appartato e fare l’insegnante per tutta la vita a Vittoria – città nel ragusano – è stata una sua scelta. Ma quando leggerai il suo zibaldone-diario-sfogatoio vedrai che quella scelta è nata dallo strappo tra un talento indiscutibile e la necessità di non esporsi, non troppo almeno. Dentro questo libretto – nemmeno 120 pagine – ci sono fulminazioni, rancori, aforismi e genialate, piene di una vita gigantesca e di provincia. Prepara matita e diario, perché vorrai segnarti tutto. Per darti un’idea, ti lascio con questo:
“Leggo nei quaderni di Čhecov: ‘Forse l’universo si trova nel dente di qualche gigante.’ Io avevo pensato a un rene, ma siamo lì.”
C’è un genocidio in corso e io non sto bene, Espérance Hakuzwimana - Trovare le parole
La sera tra il 27 e il 28 ottobre – compreso tutto il 28 ottobre – ho fatto molta fatica a staccarmi dal telefono. Mi sono sentita impotente, svuotata e sbagliata anche solo a poter bere un bicchiere d’acqua mentre 2 milioni di persone non potevano e non possono farlo. Continuare a informarmi e guardare la morte che arrivava da ogni schermo mi sembrava il minimo che potessi fare – ma anche il massimo, vista la situazione. Non è sano, ma non è nemmeno la prima volta che succede. Mi sono sentita così anche il 7 ottobre e il 24 febbraio 2022. Penso sia il mio modo per gestire l’irrazionalità dei tempi che viviamo, e il senso di colpa che ne deriva. Ma questa volta è diverso, c’è qualcosa in questo Truman Show di crudeltà che ha fatto spezzare qualcosa dentro di me. Io le parole non le ho trovate, ma l’ha fatto per me Espérance Hakuzwimana su Instagram. Vorrei dirle grazie, farle sapere che mi è stata d’aiuto, ma il sollievo è durato poco. Mi spaventa sempre non riuscire a schiarire i pensieri, soprattutto in momenti come questi. Posso solo invidiare chi ha la lucidità per farlo.
Invidia dal fronte
Nella mia testa Invidiosa dovrebbe essere una piazza, non una via a senso unico. Se vuoi raccontarmi un tuo pensiero, scrivimi: ne parleremo con la platea invidiosa.
Grazie per aver letto fin qui ❤️
A presto,
Angela
P. S. Queste illustrazioni belle le ha fatte Giovanni Nava, che non ringrazierò mai abbastanza. Lo trovate sempre qui
© 2023 Angela Cannavò.
Le illustrazioni della newsletter sono di Giovanni Nava.
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Insieme a te, leggono questa email 51 persone: tra loro c’è Claudia, che cerca un senso nell'armocromia ❤️
E noi due, abbiamo qualcosa da invidiarci?
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