Invidiosa #9 - L’invidia è politica?
Ciao 😊 Questa è Invidiosa, la newsletter che si fa un sacco di domande sull’invidia e ogni tanto trova delle risposte.
Lo so che rischio di sembrare monotematica, ma il mondo se ne frega dei miei piani editoriali e fa succedere cose. O meglio, fosse stato per me avrei anche evitato di parlare della morte di Silvio Berlusconi – ci hanno già pensato persone molto più qualificate di me – ma i social si sono coordinati con una grazia quasi inquietante.
Non voglio entrare nel merito di quanto fosse giusto o sbagliato tutto quello che è stato fatto o detto per la morte di Berlusconi: banalmente, non è questo il posto. Quello di cui voglio parlare è il commento più scritto, e quindi anche più letto, sotto ogni post critico o anche solo vagamente “storicizzante” sulla carriera di Berlusconi:
“La vostra è tutta invidia”
Il complotto contro questa newsletter è evidente.
Secondo chi ha commentato l’invidia sarebbe, in sostanza, lo strumento che ha mosso le opposizioni contro il Cav: un sentimento personale – perché mica invidi Confindustria, invidi una persona in carne e ossa come Berlusconi – ha spinto sinistra e non solo a mobilitarsi contro una figura naturalmente in opposizione a loro. Dopotutto, perché non si dovrebbe guardare con rancore una persona che ha vinto praticamente sempre? Poco importa quale sia la definizione di successo che ognuno di noi ha: lui è riuscito a fare molto di quello che desiderava, nonostante i “poveri comunisti” (invidiosi) cercassero di fermarlo.
Lo so, messa in questi toni sembra l’ennesima formula di socialpolitik destinata a diventare un tormentone. Secondo me, però, l’invidia ha un concreto valore politico. Vederla sbucare fuori così spesso nell’ultima settimana non può essere stato un caso.
Per chi la usa come strumento offensivo, l’invidia minimizza e smaschera: l’unica vera ragione ideologica per “combattere” un avversario nasce dal desiderio di voler essere come lui. Allargando l’inquadratura, c’è chi usa questo ragionamento per identificare ogni forza “egualitaria” come spinta dall’invidia. Chiamarla semplicemente “invidia” esporrebbe a vergogna – per sentirsi inferiori – e senso di colpa – per la rabbia che l’invidia fa provare. Chi vuole ridistribuire la ricchezza – o anche solo ottenere la parità dei diritti – si rifugerebbe dietro un’ideale di giustizia sociale che stempera il risentimento e lo rende accettabile.
Dall’altro lato dello spettro, quello più progressista, l’invidia rischia di trasformarsi in un pericolosissimo snobismo imbevuto di superiorità morale. Pensiamo alle ultime elezioni di settembre 2022: l’elettorato dell’attuale governo è stato definito “ignorante”, “analfabeta”, “egoista”. Alle persone più anziane è stata data la responsabilità di “aver fatto salire questo governo”, scoprendo poche settimane dopo che i voti delle fasce più anziane erano andati esattamente dall’altro lato. È stato più naturale dire “non ci hanno capiti” e fare la volpe con l’uva, invece di ammettere che non sono riusciti a raggiungere chi volevano raggiungere.
Questi non sono giudizi di merito. Non c’è un modo giusto o amorale di utilizzare l’invidia. C’è solo una politica che si muove seguendo i canovacci che l’invidia impone: possiamo permetterci di ignorarli?
Rassegna invidiosa
Case, libri, auto e un sacco di cose belle da invidiare.
Questo mondo non mi renderà cattivo, Zerocalcare - Teoria e pratica dell’invidia politica
Ci sarebbero un sacco di cose da dire a proposito di questa serie: c’è una faccia diversa dell’invidia per ogni episodio, praticamente. Rispetto a tutto quello che ho scritto prima, però, penso che Zerocalcare sia riuscito a raccontare molto bene come un certo tipo di rancore possa essere manipolato e indirizzato a dovere. Non dico di più, gli spoiler sono dietro l’angolo. Se vi sentite un po’ alla deriva, però, è la serie giusta per questi momenti.
Ho sposato un comunista, Philip Roth - Le stelle sono indispensabili
Ci ricordano che alla fine, qualsiasi cosa succeda nelle nostre vite, tutti avremo “due metri di terreno”. Ripercorrendo la storia di Ira Ringold, dal suo picco al tracollo, Roth non parla di politica. O meglio, parla di persone che fanno, evitano, strumentalizzano e muoiono di politica. Che provano a lasciare una traccia – o una macchia –, ma che finiscono per farsi logorare dalle idee che amano. Non tutte le persone che hanno deciso di giocare perdono, però. Qualcuno, contro ogni razionalità e senso del decoro, vince la battaglia della memoria. Non parte come il più spettacolare dei libri di Roth, ma gli ultimi capitoli del libro sono devastanti: anche se non dovesse prendervi subito, non vi scoraggiate. Ne varrà la pena.
Lo so che ne ha parlato chiunque, ma sono davvero curiosa di sapere quali sono i vostri pensieri sull’invidia politica. Mi sto immaginando tutto? Prenderà sempre più spazio in futuro? Avete già archiviato il file Berlusconi.exe?
Se volete discuterne, potete anche rispondere a questa email.
Angela
P.S. queste illustrazioni belle le ha fatte Giovanni Nava, che non ringrazierò mai abbastanza. Lo trovate sempre qui.
© 2023 Angela Cannavò.
Le illustrazioni della newsletter sono di Giovanni Nava.
Se vuoi leggere i vecchi numeri di Invidiosa, trovi tutto in questa pagina.
Insieme a te, leggono questa email 48 persone: tra loro c’è Marco, che ha passato una settimana bella tosta ❤️
E noi due, abbiamo qualcosa da invidiarci?
Fammelo sapere con un cuore, un commento o parlando di questa newsletter con chi ti va.
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